Nitocri, Vienna, van Ghelen, 1722

 ATTO PRIMO
 
 Cortile con due scalinate che portano da varie parti al palazzo reale. Sotto esse nel mezzo gran porta aperta, per cui si entra nel cortile. Notte.
 
 SCENA PRIMA
 
 MIRTEO con seguito di soldati, tutti con armi ignude in mano, i quali entrano dalla gran porta nel cortile
 
 MIRTEO
 Mercé al vostro valor, tolgasi, o prodi,
 Emirena da morte. Il sol vicino
 vedrà da infame scure
 tronco quel regal capo.
5Ah! Da l’orror di così rio delitto
 si liberi per noi Menfi e l’Egitto. (S’incammina per salire sopra le scalinate. In questo, tutto ad un tratto resta illuminato il cortile e ’l palazzo, la cui porta, onde vi si entra al di sopra, apresi d’improvviso e ne scendono dall’una e dall’altra parte le guardie reali, precedute da Micerino, tutti con ferro in mano)
 
 SCENA II
 
 MICERINO con soldati e i predetti
 
 MICERINO
 Seguitemi. Ecco il tempo;
 e de l’audace assalitor sugli occhi,
 più che il lume improvviso,
10sfavilli omai de’ nostri acciari il lampo. (Scende dalle scalinate col suo seguito, il quale però si ferma a’ piè delle stesse)
 MIRTEO
 Siam traditi. Al grand’uopo il cor stia forte.
 (Cielo, salva Emirena o a me da’ morte). (A’ piè della scala s’incontra con Micerino)
 MICERINO
 Mirteo,.. Che veggio? De l’egizzio regno
 tu ornamento e sostegno, il ferro impugni
15contra la regal donna? E tu tradisci?...
 MIRTEO
 Io traditor? Regni Nitocri. A lei,
 infinché spirto reggerà quest’ossa,
 sarò scudo e difesa.
 MICERINO
 Ma qual altro ti spinge impeto ed ira?
 MIRTEO
20Ah! Micerino, unisci
 il tuo al mio brando. Un disperato amore
 per compagno ti accetta; e purché viva
 la mia, la tua Emirena,
 teco il merto divido
25di sua salvezza e al mio rival l’affido.
 MICERINO
 Emirena morir? Credi Nitocri
 sì iniqua e me sì vile
 ch’ella impor possa il colpo? Io tollerarlo?
 MIRTEO
 Pubblico in Menfi è ’l grido.
 MICERINO
30Spesso è fallace popolar credenza.
 MIRTEO
 Priva di libertà, sei lune e sei,
 per gelosia di regno,
 Emirena languì lunge da Menfi.
 Ora a che si richiama?
 MICERINO
35I gelosi sospetti
 dissipò sua virtù. Certa è Nitocri
 di sua fede e innocenza; e al nuovo sole
 vuol che in Tebe ella regni e vuol che sposa...
 MIRTEO
 Sposa? Di chi? Vorrà Nitocri ancora
40tiranneggiar gli affetti? A noi rapirla?
 MICERINO
 Vano è ’l timor. Dipende
 il felice destin de l’amor nostro
 dal voler di Emirena. Ovunque e’ pieghi,
 l’antica non si turbi
45nostra amistà.
 MIRTEO
                             Spinto da cieco affetto
 a perdermi io correa. La tua virtute
 si fa mio disinganno e mia salute.
 Oh! A te potessi esser più grato e ’l core
 cederti di Emirena!
 MICERINO
                                       Io non dimando
50uno sforzo al tuo cor, di cui non sento
 capace il mio. Siam generosi amando.
 Torno a Nitocri. A lei dirò che sonni
 dorma tranquilli, orché Mirteo pur veglia
 armato in sua difesa;
55e del tuo inganno tacerò gli sdegni.
 MIRTEO
 Sì, che nel cor de’ grandi
 può l’ombra ancora di delitto incerto
 far rea la fede e scellerato il merto.
 MICERINO
 
    Silenzio ed amistà
60il cor ti serberà
 in onta del mio amore.
 
    Farmi felice amante
 dal voto altrui dipende.
 Amico esser costante
65sol pregio è del mio core. (Per via delle scalinate rientra co’ suoi nel palazzo)
 
 SCENA III
 
 MIRTEO, RATESE e MANETE
 
 MIRTEO
 Qui Ratese e Manete.
 Più che sangue, gli unisce
 genio conforme in mal oprar. Gli abborro
 nemici per dover, rei per costume.
 RATESE
70Se il rendo amico, è mia Nitocri e ’l regno. (Piano a Manete)
 MANETE
 Nulla otterrai. Conosco il cor feroce. (Piano a Ratese)
 RATESE
 Mirteo, piacciati alfin che ad alma aperta
 qui ti parli Ratese.
 Sei vicino a ottener la mano e ’l letto
75de la bella Emirena. Il nodo illustre
 fra ’l trono e te non lascia
 che un sol grado a salir. Ragion ti fanno
 con la pubblica gioia anche i miei voti.
 Se la vergine eccelsa aure or respira
80di libertà, se in sua balia sta il fato
 de l’amor tuo, sa il cielo
 e qual consiglio e qual ci diedi impulso.
 Le fervid’ire e i dubbi
 de la regina irresoluta io vinsi,
85tutto in tuo pro. Poss’io
 omai sperar che tu ’l gradisca e m’ami?
 MIRTEO
 Prence, tanta bontà più mi sorprende,
 quanto men la sperai. Sinora avversi
 l’un fummo a l’altro. Odio, livor, sospetto
90regnò ne’ nostri cori. Or come affetti
 sì profondi, sì fieri
 taccion nel tuo? Da qual rimorso estinti?
 Da qual forza abbattuti? Ad imitarti
 valor mi manca; e ne ho rossor. Mi rende
95la mia viltà de’ tuoi favori indegno;
 e ricusando amor, provoco sdegno.
 MANETE
 Mirteo, tu opponi orgoglio a gentilezza.
 MIRTEO
 Non è un esser superbo esser sincero.
 L’arte del simular mal si conviene
100a magnanimo spirto.
 L’usi uom plebeo. Noi conserviam la nostra
 dignità fin negli odi; e siam nemici,
 senza mostrar vario da l’alma il volto.
 RATESE
 Siamlo; ma tu tropp’alto ergendo il volo,
105te stesso obblii.
 MIRTEO
                               Non ha la fiamma, ond’ardo,
 di che farmi arrossir nel mio dovere.
 Ma senza l’amor mio tu forse avresti
 più ragion di temermi.
 Emirena ti toglie un periglioso
110rival. Basta. M’intendi; e sa Nitocri
 fra noi pesar con giusta lance il merto.
 RATESE
 Tu meco in paragon? Tu che altro appoggio
 non hai che di fortuna un favor cieco?
 Quale è tua stirpe? I titoli? I maggiori?
115Quello, che per le vene
 mi scorre, è regal sangue; e gli avi miei
 scettro alora trattar, che a’ tuoi la destra
 forse incallia sul rastro o su l’incude.
 MIRTEO
 Ad uom chiaro per sangue e d’opre oscuro
120la nobiltà serve di face ardente
 che gli si porta innanzi,
 onde meglio altri scopra i suoi difetti.
 Tu ostenti ostri lontani,
 io recenti vittorie;
125ma non giovano al re, quand’uopo il chiede,
 titoli e fasti ma valore e fede.
 
    Piace la vita umile
 al saggio agricoltor,
 più di cipresso altier che l’aria ingombra.
 
130   Lieto da quella ei coglie
 a la stagion miglior frutto gentile
 ma da questo non ha che inutil ombra.
 
 SCENA IV
 
 RATESE e MANETE
 
 RATESE
 Manete, udisti a qual eccesso ei porti
 l’insolenza e l’orgoglio?
 MANETE
                                             A’ miei consigli
135creder dovevi e non esporti a l’onta
 del suo disprezzo.
 RATESE
                                   Erano il luogo e ’l tempo
 poco opportuni. Io frenai l’ire appena.
 MANETE
 Ira, che incauta sia, rado è felice.
 RATESE
 Ah! Che tutti rivolge
140in mio danno i disegni il fato iniquo.
 MANETE
 Fa’ che sien giusti e poi ne accusa il fato.
 RATESE
 Giusto non è che sovra un trono io salga
 che per legge e per sangue è mio retaggio?
 MANETE
 Ove il popolo vuole, il re si onora.
 RATESE
145Popolo vile! Il re son io. La morte
 del tiranno Amenofi
 colpo fu del mio braccio.
 MANETE
 Ma dal colpo infelice a te qual frutto?
 Al mal vedovo trono
150chi ti acclamò? Divisi
 fra le due de l’estinto inclite suore,
 scorgesti i voti, indi in Nitocri unirsi,
 maggior di etade; e tu ne fosti escluso.
 RATESE
 Ove s’udì donna dar leggi? Al sesso
155minor serve il più forte. O infamia! O scorno!
 O viltà non più intesa! Io generoso
 questa notte volea romper l’indegno
 giogo e a natura riparar l’oltraggio.
 MANETE
 Chi poi sul ferro ti ritenne il braccio?
 RATESE
160Oltre l’uso vid’io di armati ed armi
 la reggia ingombra. Osar l’assalto, egli era
 manifesta ruina, inutil morte.
 MANETE
 Saria tradito il tuo disegno? Io temo...
 RATESE
 No, pochi il san, tutti a me fidi; e colpa
165non ha di mia sciagura altro che il caso.
 MANETE
 Or che far pensi?
 RATESE
                                   Simular. Le fiamme
 coperte un giorno più alzeran la vampa.
 MANETE
 Perché tanto ostinarti in tuo periglio?
 RATESE
 O regno o morte. Il mio destino è questo.
 MANETE
170Tu alfin tieni in Egitto i primi onori.
 RATESE
 Per essere il primier, son io degli altri
 meno suddito e schiavo? O morte o regno.
 MANETE
 Ah suocero! Ah signor! Meglio non fora
 che di corona a te cingesse il crine
175regio imeneo che abbominevol frode?
 Tu pur ami Nitocri.
 RATESE
 È ver; l’ingrata amai; forse ancor l’amo;
 e dovea la superba averlo a gloria.
 Ma che? Femmina amante, ad altro amore
180mal porge orecchio e peggio al suo dovere.
 MANETE
 In Mirteo tu paventi
 il felice rival. Ma s’egli ottiene
 di Emirena la destra, eccoti al core
 de la donna real libero il varco.
185Lascia i fieri disegni; i più soavi
 posson giovar; nuocer almen non ponno.
 RATESE
 Piacemi. Alfin, Manete, amore o forza
 me farà re, Nitocri
 o mia preda o mia sposa,
190il regno o mio compenso o mio trofeo;
 ma in qualunque destino
 prima vittima mia sarà Mirteo.
 
    Tiranni del core,
 te sdegno, te amore,
195te nobile orgoglio,
 contenti vi voglio;
 e s’arte non giova,
 ardir lo potrà.
 
    Alor di tre oggetti
200vedrò qual più appaghi
 i cupidi affetti,
 se altezza di soglio
 o esangue nemico
 o amata beltà.
 
 SCENA V
 
 MANETE
 
 MANETE
205Qualor mal consigliata
 insana ambizione occupa un’alma,
 addio pace, addio onore, addio ragione.
 Non fé, non legge, non dover. Le sembra
 onesta la perfidia,
210necessaria la colpa;
 e dei non crede o suoi li crede, e iniqui.
 Da questa furia ecco invasato, ahi quanto!
 il misero Ratese. In lui mi è forza
 de la dolce mia sposa amare il padre.
215Ma ne l’abisso, ove sen corre, invano
 trarmi e’ vorria, che l’anima il rifugge.
 Così il morto buon re potuto avessi
 togliere a morte. Io ravvisai la mano
 sol dopo il colpo. Egual destin poc’anzi
220sovrastava a Nitocri.
 Lo seppi e ’l riparai. L’autor ne tacqui;
 né danno fece a la pietà la fede.
 Piaccia agli dii che a più crudel dovere
 un dì non mi costringa il mio rimorso.
 
225   Sono amico e sposo sono;
 ma fedel mi vuole al trono
 innocenza, onor, dover.
 
    Non v’ha legge e non affetto,
 onde il cor si senta astretto,
230suo malgrado, ad esser empio,
 o con l’opra o col tacer.
 
 Passeggio delizioso, con appartamenti terreni. Sole che spunta.
 
 SCENA VI
 
 NITOCRI con guardie ed IMOFI da varie parti
 
 NITOCRI
 Di Ratese si cerchi. (Ad una delle guardie)
 Parlasti, Imofi, ad Emirena ancora?
 Che fe’? Che disse? Con qual gioia in volto
235ricevé il dono mio? Vuol ella in sposo
 Micerino o Mirteo? Per qual di loro,
 tanti d’Africa e d’Asia alti monarchi
 divenner suo rifiuto? Il ver mi esponi.
 Peggior del male mi saria l’inganno;
240ed io cerco rimedi e non lusinghe.
 IMOFI
 Per pietà non saprei tradir la fede
 che ti deggio, o regina.
 Grata accolse Emirena
 gli eccelsi doni tuoi; ma tal gli accolse
245che né più mesta né più lieta apparve.
 NITOCRI
 Sta sempre in guardia alma in sospetto e s’arma
 del suo stesso timor. Ma che rispose?
 IMOFI
 Che per ambo gli offerti incliti duci
 ha stima eguale e che Nitocri io prieghi
250di lasciarla in riposo
 e in libertà di non amar che lei.
 NITOCRI
 No. Sinor l’ostinata
 di due sudditi miei, di due più cari
 mi fe’ due ingrati; un giorno
255ne faria due rubelli.
 Ma sul volger del nodo
 lo troncherò. Protervia ed accortezza
 poco le gioveran. Son donna anch’io;
 e regno e autorità mi fan più scaltra.
260Siegui.
 IMOFI
                 Tanto insistei, tanto usai d’arte
 ch’ella alfin sospirando:
 «Si ubbidisca» proruppe.
 «Suddita io sono. La regina elegga;
 e ’l mio sacrificando al suo riposo,
265dal suo volere attenderò lo sposo».
 NITOCRI
 Dal mio? L’arte conosco. Invan l’attende.
 Politica mel vieta;
 e poiché, caro Imofi,
 tu sai la mia sciagura e ’l mio rossore,
270il dirò pur, non mel consente amore.
 IMOFI
 Perdona. O mal d’amor gli arcani intendo
 o di Emirena il tuo si lagna a torto.
 NITOCRI
 Perché?
 IMOFI
                  Mirteo non ami?
 NITOCRI
                                                   E che Emirena
 quel cor mi usurpi, io n’ho dispetto e pena.
 IMOFI
275Or ecco in tua balia l’esser felice.
 Micerin scegli a lei, l’altro a te serba.
 NITOCRI
 Occhio hai di corta vista. Assai più lunge
 scuopre chi d’alto mira.
 Dimmi. Il piacere de l’oggetto amato
280studio esser dee di chi ben ama?
 IMOFI
                                                              Il dee.
 NITOCRI
 E ciò sfuggir che a lui dia noia?
 IMOFI
                                                           È vero.
 NITOCRI
 E far, se cosa gli avvien trista e acerba,
 che il suo rival n’abbia la colpa?
 IMOFI
                                                            Assento.
 NITOCRI
 Dunque a Mirteo, cui di piacer sol bramo,
285perch’io recar sì grave torto e farmi
 rea del suo danno con iniqua legge?
 Eh! L’escluda Emirena; e in lui l’oltraggio
 spegna gli antichi ardori e i nuovi accenda.
 IMOFI
 E se contra il tuo voto
290sceglie Mirteo?
 NITOCRI
                               Paventi
 per lui; tremi per sé. Fu in me pietoso
 timor di regno; forse
 tal non sarebbe gelosia di amore.
 IMOFI
 Fa’ ch’ella il tuo desir sappia e ’l rispetti.
 NITOCRI
295Qual consiglio? Io sì vil? Regina amante,
 che da amor custodir non puote il seno,
 difenda il grado almeno.
 IMOFI
 Ma che vorresti?
 NITOCRI
                                  O dio!... Nol so... Vorrei...
 Imofi, io d’esser fuggo
300e misera e tiranna.
 Toglimi a sì ria sorte.
 IMOFI
 Risolvi e ubbidirò.
 NITOCRI
                                     Da chi ubbidisce,
 il voler di chi regna
 s’interpreti, si adempia e non si attenda.
 IMOFI
305Si fan guerra i tuoi voti. O quel che piace
 o quello che conviene.
 NITOCRI
 Gli accorda in amistà.
 IMOFI
                                           Come il poss’io?
 NITOCRI
 Va’. Salva il mio decoro e l’amor mio.
 IMOFI
 
    Intendo. Al ciglio, a l’alma
310rendi l’usata calma.
 Confondersi ne’ mali a re disdice.
 
    Dal basso volgo, avvezzo
 a giudicar dal senso,
 scherno egli esige e sprezzo,
315se men forte si crede o men felice.
 
 SCENA VII
 
 NITOCRI
 
 NITOCRI
 Molto a l’amor si è dato. Omai succeda
 la regina a l’amante. A tanti colpi
 d’ira, di amor, di gelosia, di regno,
 deve un sol core esser bersaglio e segno.
 
320   Qual onda a la sponda
 incalza l’altr’onda,
 tal pena con pena
 si spinge a’ miei danni.
 
    Si rompe in più sassi
325l’orgoglio de’ flutti;
 e me premon tutti
 que’ barbari affanni.
 
 SCENA VIII
 
 RATESE e NITOCRI
 
 RATESE
 (Sì per tempo Nitocri a che mi chiede?)
 NITOCRI
 E trovansi, Ratese, alme in Egitto
330che senza onor, senza rispetto, tutte
 calchin le umane e le divine leggi?
 E faccian sì che Menfi omai diventi
 orror de’ numi, obbrobrio de le genti?
 RATESE
 Quel buon saggio governo, onde ne reggi,
335tor dovrebbe a le colpe ogni ardimento.
 NITOCRI
 Bontà le irrita. In chi miglior fu il core
 che in Amenofi? E Menfi
 pur trucidato il vide; ed impunito
 n’esulta il parricida; e non gli basta.
340Regio sangue v’è ancor, v’è ancora il mio,
 in cui l’empio disseti
 l’avide brame.
 RATESE
                              (Ah! Temo esser tradito).
 NITOCRI
 Trofeo già ne sarei; né più quest’occhi
 veduto avrien del sol nascente i rai,
345se il cielo, che dei re veglia in difesa,
 posta in cor non avesse
 a vassallo fedel la mia salvezza.
 RATESE
 Non v’ha più dubbio. (O stelle!)
 NITOCRI
 Questo foglio da morte (Traendosi dal seno un foglio)
350mi preservò. Comandi
 diedi opportuni e spaventai la colpa,
 cui non resta altra speme,
 onde pena sfuggir, che starsi occulta.
 Ma invan lo spera. A canto
355le sta infamia e vendetta; e tu, Ratese...
 Ma attonito rassembri e non rispondi.
 RATESE
 Sono da orror sì sopraffatto e vinto
 ch’uso di senso e di ragion mi è tolto.
 NITOCRI
 Prendi, o fedel. Con questa guida esplora (Lo dà a Ratese)
360l’assassin di Amenofi e di Nitocri.
 L’un ne l’altro conosci. A te ne affido
 e la traccia e l’esame. Avrà ministri,
 avrà complici al fallo. Un sol non puote
 tanto osar da sé stesso; e sparso in molti
365mal si asconde un misfatto.
 Nulla sfugga al tuo zelo. In simil caso
 anche il superfluo è necessario e giusto;
 e ne la scuola di geloso impero
 sovente da l’error si apprende il vero.
 RATESE
370(Respiro). Al grand’onor l’opra risponda.
 Ma donde il foglio? E chi lo scrisse?
 NITOCRI
                                                                   Ei volle
 con quel del reo tener suo nome occulto,
 perché non so. Che rara è quella fede,
 in cui con libertà parli l’amore,
375lontano da interesse o da riguardo.
 RATESE
 Eh! Regina, se quanti
 stan più presso al tuo trono
 core avesser, qual io, sincero e fido,
 solo intesi a piacerti e non distratti
380da l’amor d’altro oggetto,
 quell’amor, quella fede,
 che sì rara ti sembra, in lor vedresti;
 e in me..
 NITOCRI
                    Basta, o Ratese. Assai dicesti.
 RATESE
 
    Da chi più cerchi amor?
385Dove più zelo e fé?
 Fede arde pura in me;
 e più direbbe il cor; ma ossequio tace.
 
    A un utile consiglio
 si oppone il tuo rigor.
390Taccio, che a me periglio
 o a te saria rossor un zelo audace.
 
 SCENA IX
 
 NITOCRI ed EMIRENA
 
 NITOCRI
 Soffrirlo a me convien, finché in più aperto
 ardir... Viene Emirena e vien pensosa.
 EMIRENA
 Qui d’esser sola io mi credea. Perdona...
 NITOCRI
395Germana, a che discolpe? In questo amplesso
 catene omai ricevi,
 di quelle, che soffristi, assai men grevi.
 EMIRENA
 Fosti e sei mia regina; e ne’ miei mali
 di te non mai, del fier destin mi dolsi.
 NITOCRI
400Di te a torto temei. Coi benefici
 compenserò gli oltraggi; e sol da quelli
 conoscerai che tua regina io sono.
 EMIRENA
 Anche tra’ ceppi miei l’onor mi offristi
 di reali imenei.
 NITOCRI.
                                Li ricusasti;
405e ’l rifiuto io stimai che un’arte fosse
 o d’altro amore o d’altro reo disegno.
 Dileguate son l’ombre.
 E regno in Tebe e sposo in Menfi avrai.
 Micerino e Mirteo sono a tua scelta.
 EMIRENA
410Nel tuo arbitrio sta il mio. Tu quel mi porgi...
 NITOCRI
 Sposo, che si riceva, è mal gradito.
 Caro è quel che si elegge. Il mio comando
 è a la tua libertà. Risolvi e, s’ombra
 ti resta di timor, consigliar puoi
415col tuo Imofi fedele i dubbi tuoi.
 
 SCENA X
 
 MIRTEO, MICERINO e le sopradette
 
 NITOCRI
 Venite, illustri amanti. Amor fra entrambi,
 se ’l più degno non può, scelga il più caro.
 Emirena lo dee. Piena i miei voti
 sul destin vostro autorità le danno.
420Non è così? (Verso Emirena)
 EMIRENA
                         Tua bontà giunse a tanto.
 NITOCRI
 Io parto. A me non serbo
 che dolermi con l’un, perché negletto,
 e con l’altro goder, perché contento.
 Ma tua guida sia Imofi. Io tel rammento. (Piano ad Emirena)
 
425   Due gentil fiori,
 d’ardor mancando,
 vitali umori
 stan sospirando
 sui freschi albori
430di vaga aurora.
 
    Ai rai di quella
 luce novella
 l’un si ristora.
 Ma l’altro è forza
435che abbandonato
 sul verde prato
 languisca e mora.
 
 SCENA XI
 
 EMIRENA, MIRTEO e MICERINO
 
 MICERINO
 Mia principessa.
 MIRTEO
                                  Amabile Emirena.
 MICERINO
 Già sei felice. Ecco i tuoi ceppi a terra.
 MIRTEO
440Eccoti in libertà. Tebe è tuo regno.
 MICERINO
 Per te in giubilo è Menfi.
 MIRTEO
                                                E noi fra tanti
 siamo i soli infelici. Or tu consola...
 EMIRENA
 Deh! Se mi amate, rattenete, o duci,
 le sollecite brame.
445Lasciatemi un arcano,
 custodito con merto; e non vogliate,
 più di quello ch’io sia, misera farmi.
 MIRTEO
 Qual voce, o dei! ne fiede?
 MICERINO
 E qual nuovo t’ingombra atro sospetto?
 EMIRENA
450Temo la sorte iniqua e i doni suoi.
 MICERINO
 Frutto di lunghi affanni è diffidenza.
 EMIRENA
 Nessun sa l’altrui mal più di chi ’l soffre.
 MIRTEO
 Di’ che ai re aggiugner vuoi, da te negletti,
 nuovo trofeo, due sfortunati amanti.
 EMIRENA
455Io disprezzai d’Africa e d’Asia i regni,
 perché lo sa quest’alma.
 MICERINO
                                              A che tacerlo?
 EMIRENA
 Giusto non fora, per dar vita a l’uno,
 di ferita mortal trafigger l’altro.
 MIRTEO
 A la nostra amistà non nuoce amore.
 MICERINO
460Deh! Ti muova pietade. Egro, che langue
 tra la vita e la morte, è in pena estrema.
 EMIRENA
 Crudei! Voi lo volete; astretta io sono.
 Viene Imofi. Con lui, pria ch’io risolva,
 lasciatemi per poco.
 MICERINO
465Penoso indugio! (Si ritira da una parte)
 MIRTEO
                                  Oh! Se in te fosse amore,
 or non avresti irresoluto il core. (Si ritira dall’altra)
 
 SCENA XII
 
 EMIRENA ed IMOFI
 
 IMOFI
 Qual deI due fidi amanti il lieto addio
 ti diè? Quale il dolente?
 EMIRENA
 Reggami tuo consiglio. Il vuol Nitocri.
 IMOFI
470Non è tempo, Emirena,
 di più asconder gli affetti a la mia fede.
 EMIRENA
 Imofi, e che? Mi crederesti amante?
 Gli affetti ho in libertà. La mia regina
 sposa mi brama a Micerino? Il sono.
475A Mirteo? Nol ricuso.
 A nessun? Siasi. Indifferente ho l’alma.
 IMOFI
 Ma dal facile ossequio a te qual danno?
 Eleggi amando e non amando eleggi.
 EMIRENA
 Facciasi. A lei ritorna e dille... O dio!
480Non posso, Imofi. Io temo...
 IMOFI
 Di che?
 EMIRENA
                  Tu di Nitocri
 conosci il cor. Forse amor v’arde. Io forse
 sceglier potrei... Va’. Dille
 ciò che meno l’offenda
485e nulla più dal mio dovere attenda.
 IMOFI
 (Arte pugna con arte). Orsù, Emirena,
 il nodo io scioglierò. Parto e in tuo sposo
 da te eletto dirò...
 EMIRENA
                                   Chi?
 IMOFI
                                               Micerino.
 EMIRENA
 Micerino?...
 IMOFI
                         Ti turbi?
 EMIRENA
                                            E non potresti?...
 IMOFI
490Che?
 EMIRENA
             Di Mirteo?...
 IMOFI
                                       Per lui ti punge amore?
 EMIRENA
 No, ma giusta pietà del suo dolore.
 IMOFI
 Duol d’amante è duol breve. A lui compenso
 non mancherà. Tu indifferente hai l’alma.
 Tal ti giova; e la serba. A Micerino
495sposa sarai. Te ne consiglio anch’io.
 Piaceranno a Nitocri i voti tuoi.
 Temi di opporti.
 EMIRENA
                                 O dio! Fa’ ciò che vuoi. (Imofi si parte frettoloso)
 
 SCENA XIII
 
 EMIRENA
 
 EMIRENA
 Fa’ ciò che vuoi? Tu lo dicesti? E dirlo,
 Emirena, potesti? E un punto istesso
500non fu dirlo e morire?
 Mirteo, dolce amor mio,
 t’ho perduto per sempre.
 Ma che far io dovea? Rival possente,
 per alzarti al suo trono, a me t’invola.
505Regna felice. Io sola
 a pianger rimarrò, col sol conforto
 ne la sventura mia
 che a costo del mio ben lieto tu sia.
 
    Da ria procella
510volge la prora al lido
 la navicella;
 ma furia d’austro infido
 la spinge a scoglio.
 
    Di avverso fato
515volli al furor sottrarti,
 cor sfortunato;
 ma vinse industrie ed arti
 forza ed orgoglio. (In atto di entrare s’incontra con Micerino)
 
 SCENA XIV
 
 MICERINO ed EMIRENA
 
 MICERINO
 Del lieto avviso, onde i languenti amori
520ravvivò nel mio seno il fido Imofi,
 dal tuo labbro a cercar vengo, o mia cara,
 un miglior testimon. Mio del tuo nodo
 sarà l’onor? La sorte? Il godimento?
 EMIRENA
 Micerino, a Nitocri
525grazie ne rendi e parti.
 MICERINO
 Pria d’un guardo amoroso...
 EMIRENA
 Va’. Ti basti così. Sarai mio sposo.
 MICERINO
 Il dolor di Mirteo forse ti accora?
 EMIRENA
 Vanne a Nitocri.
 MICERINO
                                 Io n’ho pietade ancora.
 
530   Giova che amaro assenzio
 si meschi col mio giubilo;
 né lasci oppressa l’anima
 per troppa gioia uscir.
 
    Ai lieti amori in seno,
535diamo un sospiro almeno
 del caro amico e misero
 al barbaro martir. (Mirteo vede partir Micerino; ed Emirena volgendosi all’altra parte incontrasi con Mirteo)
 
 SCENA XV
 
 MIRTEO ed EMIRENA
 
 EMIRENA
 Aimè!
 MIRTEO
               Festoso in volto
 partir vidi il rival. Dimmi, Emirena,
540lo sprezzato io sarei?
 EMIRENA
 
    Che posso dir? Consolati.
 Sorte miglior ti attende;
 e non vedermi più.
 
    Sa il ciel... Sa amor... So anch’io...
545Ma taccia l’amor mio.
 Parli la mia virtù.
 
 SCENA XVI
 
 MIRTEO
 
 MIRTEO
 Di tante doglie e tante furie e tante,
 che si affollano al cor, barbare ambasce,
 da qual comincerai, Mirteo tradito?
550Ah! Che voi siete quale in colmo vaso
 racchiuso umor, cui fuor del collo angusto
 via si cerchi, e non l’ha, che vi ringorga.
 Indietro, tutte, e solo aprasi il varco
 a un furor disperato.
555Chi l’oggetto ne fia? Mancan nemici,
 ove tutto cospira in mia ruina?
 V’è ’l felice rival... Taci; egli è amico.
 V’è l’amante infedel... No, che l’adoro.
 V’è l’ingiusta Nitocri... È mia regina.
560Amicizia, dovere, amor son tutti
 nomi sacri per me. Torna, o furore,
 ripiomba nel mio core.
 Fallo a brani, lo lacera, il conquidi;
 e sol lasciavi impresso
565amor di morte ed odio di me stesso.
 
    Non vo’ più pace.
 Odio la vita.
 Cerco la morte
 dal mio furor.
 
570   Speme fallace!
 Fede tradita!
 Alma invan forte!
 Misero amor!
 
 Ballo di egizziani custodi de’ giardini reali.
 
 Fine dell’atto primo